Ora lavoriamo assieme per rafforzare l’opera di promozione e valorizzazione delle nostre lingue locali.
Prima di Natale, nell’ultima seduta dell’Assemblea legislativa del 2013, la Regione ha abrogato la legge regionale n. 45 del 1994, recante “Tutela e valorizzazione dei dialetti dell’Emilia-Romagna”.
Desidero spiegare un po’ meglio come sono andate le cose, perché molto si è letto in questi giorni, e al contempo confermare la mia volontà, e quella della nostra Regione, di continuare a lavorare per tutelare, promuovere e valorizzare i nostri dialetti.
Periodicamente gli uffici legislativi della Regione, in virtù della legge sulla semplificazione amministrativa, predispongono un pdl abrogativo delle leggi prive di copertura finanziaria, e per questo inapplicate da diversi anni. È una procedura burocratica di routine, che certamente richiederebbe anche una valutazione di opportunità politica. Purtroppo, nella tagliola della semplificazione (assieme ad altre 66 leggi e a 20 regolamenti), è incappata anche questa legge che, come sappiamo, parla al comune sentire di migliaia di cittadini per il suo valore simbolico, come dimostrano anche le prese di posizione e le tante sollecitazioni che abbiamo ricevuto in questi giorni.
Lo spirito dell’azione di semplificazione normativa che la Regione porta avanti, anche attraverso l’abrogazione di leggi regionali, non deve però essere confuso con la rinuncia agli obiettivi che le stesse si ponevano. Infatti è solo lo strumento che è stato abrogato, in quanto non più operante e applicato (la legge sui dialetti ha avuto finanziamenti non continuativi fin dalla sua nascita: gli ultimi 100mila euro sono riferiti agli anni 2009 e 2010, anche a seguito di un ordine del giorno che approvammo in Aula. Negli ultimi anni, nell’ambito della legge regionale n. 37 del 1994, sono stati attuati alcuni interventi a sostegno dei dialetti, proprio in supplenza di una legge che era priva di risorse dedicate).
Vi garantisco che non c’è stata e non c’è alcuna volontà della Regione di cancellare l’esperienza di valorizzazione dei nostri dialetti, alla quale in questi anni, come forse saprete, ho cercato di dare un mio piccolo contributo, organizzando assieme ad associazioni culturali, studiosi della materia, artisti e tanti appassionati, momenti di approfondimento e manifestazioni conviviali, proprio per tenere vivi i nostri dialetti e, tramite essi, le nostre radici e la nostra storia.
Voglio però, per una volta, provare a guardare il tutto in positivo: il mio auspicio è che da qualcosa di negativo (l’abrogazione della legge, che è comunque stata un errore) possa venire fuori qualcosa di positivo (una maggiore attenzione della Regione, ma non solo, ai dialetti, con l’auspicio di trovare qualche alleato in più nella battaglia per la loro valorizzazione, al fine di ricollocarli in una nuova cornice legislativa operante, con adeguati finanziamenti).
Il ripensamento di tutto il capitolo cultura, a seguito della soppressione delle Province, come suggerisce anche l’Asssessore regionale alla Cultura, Massimo Mezzetti, penso possa essere l’occasione buona per provare a mettere in campo un ragionamento più complessivo sul tema, al quale sono disponibile a lavorare fin da subito, assieme a tutti coloro che hanno idee da proporre.
A questo proposito, con alcuni Consiglieri del Gruppo Pd, organizzerò, già la prossima settimana, un momento di confronto qui in Regione, su cui vi aggiornerò.
Grazie per l’attenzione.
Av salut!
Damiano Zoffoli
e’ fiol ad Piero ad Baldain
Forse, come dici, è proprio il momento buono per un ripensamento sul dialetto, il suo valore culturale e su cosa fare per mantenerlo “vivo”. Chiarire che non si tratta di un dialetto “ma di tanti dialetti” credo debba essere il nuovo punto di partenza per questa riflessione. Tanti dialetti quindi, e tutti con la stessa dignità. Se i dialetti sono tanti viene a cadere l’idea, da molti data per scontata, che il dialetto si possa (e quindi si debba) insegnare nelle scuole. Il dialetto non si insegna. (Se sì quale?). A scuola i ragazzi hanno già il loro da fare (anche troppo) e magari imparassero l’inglese al posto del dialetto.
Il dialetto si impara in famiglia. Allora prima di tutto si tratta di combattere l’idea (e per fortuna ormai siamo a buon punto) che il dialetto sia qualcosa di meno dell’italiano. In realtà è qualcosa di meno, non ha la stessa estensione, e quindi in dialetto non possiamo parlare del teorema di Pitagora, di teoria dei quanti, di storia assirro-babilonese, ecc. ma questa mancanza si limita all’estesione e non alla dignità. Se il lessico è meno esteso, la sua forza emozionale e la sua aderenza alla realtà sono maggiori (il dialetto come lingua del cuore).
Come combattere l’idea di questa supposta inferiorità:
1)diffondendo le occasioni di incontro dove parlare in dialetto (es. Te ad chi sit e’ Fiol? – dove il requisito è il dialetto e quindi tutto è permesso)
2)aumentando le occasioni per ascoltare “buona” letteratura dialettale (non tutto è permesso – è importante mantenere le distinzioni, la cattiva poesia, come la cattiva moneta vince sempre sulla buona)
3)lavorare sul teatro per superare l’attuale “commedia dialettale” (non perché non abbia un suo valore, ma il modello è ormai obsoleto è necessario andare oltre per acquisire un pubblico nuovo)
Questi per cominciare sono già tre obiettivi su cui lavorare ed indirizzare eventuali risorse.
Quando vuoi ne possiamo riparlare. Un saluto Maurizio Balestra
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E’ sicuramente come dici ma rimane comunque un pochino di sconcerto, che spero passi al più presto, a fronte di iniziative forti e non alle calende greche della Regione, iniziative alle quali magari anche potere partecipare. Spero anche che l’eliminazione delle province, che mi trova molto perplesso, possa almeno diventare una opportunità per il dialetto, non immagino ancora come, ma mi fido della Tua opinione.
Nel più profondo di me stesso spero anche che l’eliminazione delle Province non produca ancora più baillame di quanto già non vi sia nel paese e non diventi ancora più distanza tra le sedi istituzionali e la periferia.
Cordialità e di cuore… buon lavoro.
Massimo
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Ogni iniziativa per difendere “i dialetti”, che differiscono, spesso anche solo come pronuncia, da zona a zona (Cesena, Gambettola, Cesenatico, Cervia, Gatteo, Sant’Arcangelo, ecc. ecc.), è buona. Importante farle. Diffondere le occasioni, gli incontri ed i dibattiti dove si parla in dialetto. Sono iniziative che condivido appieno e vi giuro che sono molto, ma molto, più vere e divertenti. Anche i gruppi musicali che cantano in dialetto romagnolo (tipo il Cantiere Rock Agricolo che adatta il dialetto su toni musicali conosciuti) sono da aiutare e promuovere affinché siano sempre più presenti ed ascoltati tra i nostri giovani. Giovani che sovente non lo sanno parlare, ma almeno lo capiscono e sono molto attratti dalla lingua dialettale. Speriamo che questo tesoro culturale non venga disperso!!! Grazie.
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ti informo che sono d’accordo a collaborare anche con continuità per mantenere il dialetto.
vi comunico che sono un assiduo frequentatore della montagna trentina. proprio a Vigo di Fassa c’è il centro di ascolto e di promozione del dialetto Ladino della valle di Fassa: sono molto organizzati anche noi dobbiamo fare, col vostro aiuto. io sono a disposizione per quello che mi concede la salute. sono un amante del dialetto, ho scritto 13 libri sul diletto con edizioni più o meno importanti come Edizione del Girasole Ravenna, edizione Ponte Vecchio Cesena, edizioni Vola Forlì, sempre con tirature buone e con discreto successo grazie agli appassionati.
bisogna fare. copiamo dal Ladino: sono sostenuti dalla regione noi siamo qui grazie a presto mi puoi contattare tutte le volte che volete, ci sono sempre
a so e fòl ad Pirìn dal Trovv
grazie saluti
pier
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Atenzion a j’invèj una föla
cun Furlè int la cariöla
l’è un pëzz ch’la m’ zira adòss
piò muliga e pochi òss.
La Zitè piò bëla a e’ mónd
cvatar pört e al mura a tónd
cvatar piazz cun i pizzôn
i stragnìr a là a vajôn.
La tetòja la banchina
l’è una spéna drì la s-chìna
Un bël post al degh u/m pijs:
“Chi j’è ch’pèga”? “I furlìvis”!
E’ Cumôn l’ha fat figura:
“Zitadén prönt la fatura”!
Vreglio Safi e’ fa e piantôn
int la lërga e’ Testimôn.
Se avlì andè in lòngh in lërgh
l’acugliénza l’è un albergh,
sóta al Lòzz a pirdì j’òcc
ôr… arzént… tót i zafòcc.
Al butegh al fa di scônt
agli è prônti a dè di pönt.
Marcuriël e’ spècca in piazza,
j’abrùnzè i pètna l’azza.
I pizzôn i gröla in rânda
drì la Posta u j’è dla bânda.
Buss e Siti al zirandëla
tót atorna a buganëla.
Lòn e venar a e’ marchè
compra e vènd förza ad tratè,
bancarèli tót *j’arzmént *Gli attrezzi
e i Cinìs j’è un regimént.
Cun la piazza dla Vitöria
ch’la s’arcörda pês e glöria
Monumént u j crèsc in vèta
int e’ trespul cmè la zvèta.
Int la piazza dagli Urtlén,
sèral, fnòcc e fasulén,
la cagnera de’ marchè:
Compra ciapa cmè rubè.
Int la piazza de’ fèr vècc
u j’è un ört cun di radècc
tra e’ cimént e’ sù parchègg
cun al machìn l’è un manègg.
E’ Museo l’é in fazza
armasè e’ spècca in piazza.
una mostra chl’è ‘d’ Canöva
la cultura la s’arrnöva.
Piazza Chèrman a pagamént
j’Ausilieri i fa i snamént
cun la sosta e la bulèta
bsógna vèndar la vachèta.
La piazèta cun l’Imbsura
l’ha la Tòra drèta a fura,
par Nadël al bancarèl
turôn chëld e caramèl.
Cvatar viel vers la staziôn
sémpar pìn tót al stasôn
la rotonda propi in fazza
che la ciapa mëzza piazza.
Longh e’ fiôn u j’è i zardén
zacul möti e di birén,
zènt cunej chi bat e’ tàch
pìn d’usèll ch’ i/t dà int e’ sàch.
Di sintìr cun la batuda
l’è e’ sìd piò grând dla Tnuda
u j’è avlù un carr d’ bajòch
par bandìl j’ha mèss i fiòch.
Prucissiôn ad zént curiosa
*cânt bandìri sénza crösa *Canti
i Capelô’ in pompa mâgna
urguglius dla sù Rumâgna.
Int la Pörta a S-ciavanì
cun la sosta i fa impazì
impiantëda sóta l’èrch
u j’è in sosta nénch dal bèrch.
Bëla Pörta ad Ravaldén
u/s và só vers j’Apenén
la strê lërga piò impurténta
l’era urgòj dla nostra zénta.
Vers a *Dvia alberëda * Predappio
platìn grènd sôra la strëda.
Int la Ròca u j’è al parsôn
cun la Sförza int e’ cantôn.
Se avnì só da vers Ravèna
Pört Sa’ Pìr la v’ dà cudèna;
E’ stradôn la circulëra
vers Bulogna la s’impëra.
“Oh Furlè… la mì Zité”
un gn’è pöst piò bël che te
t’sì piantè int la Rumâgna
fra pianura e la muntâgna,
èria bòna un post sulèr
dagli Azdôri “Macafèr”
Zént unèsta grând amìgh
par cuntrat a/t’ faz dó rìgh.
Attenzione è una fola
con Forlì che è in cariola
me la sento tutta addosso
più mollica e poco osso.
La citta più bella al mondo
quattro PPorte e muro in tondo
Quattro piazze coi piccioni
gli stranieri nei rioni.
La tettoia la banchina
dalla Posta è già vicina
un bel posto con tante spese:
“Per pagare”? “Il Forlivese”!
Il Comune guida e cura:
“Cittadini…! La fattura”.
Saffi Aurelio il monumento
testimonia quel momento.
Se andate in lungo in largo
l’accoglieza è un albergo
nel loggiato un bel vedere
oro argento da comprare.
Le vetrine con gli sconti
sono aperte e fanno i ponti.
Mercuriale spicca in piazza
gli abbronzati un altra razza.
I piccioni quei furfanti
fan la cacca sul davanti.
I Tranvai, i Bus, le Site,
fanno il cerchio per le gite.
Lunedì e venerdì
il mercato è sempre lì
bancarelle coi teloni
e i Cinesi son milioni.
La Vittoria ha la sua piazza
per la gloria beve in tazza.
L’obelisco il monumento
guarda in alto più contento.
L’ortolano ha la sua piazza
verde e frutta che strapazza
il rumore del mercato
sembra uno che ha rubato.
Nella piazza Ferro vecchio
pozzo e orto con il secchio,
fra il cemento c’è il parcheggio
batti e striscia è un maneggio.
Il museo retaruato olo in faccia
messo a nuovo la sua traccia.
MOSTRA DELLO SCULTORE MAGNIFICO CANOVA
la cultura si rinnova.
Piazza Carmine si paga
l’Ausiliario è già una piaga
multe a tutti i trasgressori
paga in brocca o son dolori.
La Piazzetta di Misura
con la Torre ben sicura
per Natale bancarelle
dei torroni e caramelle.
Quattro viali alla stazione
gran baccano e confusione
la rotonda grande in piazza
tanta gente che s’incazza.
I Giardini lungo al fiume
gli animali fan costume
coniglietti batti tacco
uccellini pronti al becco.
La battuta dei sentieri
è un podere dei misteri
è costato una fortuna
benedetto dalla luna.
Processione più pomposa
con bandiere senza posa
Cappelloni in pompa magna
Gli Orgogliosi di Romagna.
Nella Porta Schiavonia
giratondo e spazza via
impiantati di sotto l’arco
c’è il posteggio con l’imbarco.
Bella Porta Ravaldino
che si va all’Appennino
strada larga più importante
è l’orgoglio della gente.
Per Predappio alberata
Mussolini… Una figata!
Nella Rocca le prigioni
con la Sforza e i suoi Coglioni.
Arrivare da Ravenna
c’è San Pietro Porta penna.
Lo stradone circolare
per Bologna via andare.
“Oh Forlì la mia cittá
tu sei tutto. Oh mia beltà!
Sei in mezzo alla Romagna
tra pianura e la montagna.
Aria buona sei solare…
Reggitrici col pugno di ferro
gente onesta e generosa
per contratto sei mia sposa.
Atenzion a j’invèj una föla
cun Furlè int la cariöla
l’è un pëzz ch’la m’ zira adòss
piò muliga e pochi òss.
La Zitè piò bëla a e’ mónd
cvatar pört e al mura a tónd
cvatar piazz cun i pizzôn
i stragnìr a là a vajôn.
La tetòja la banchina
l’è una spéna drì la s-chìna
Un bël post al degh u/m pijs:
“Chi j’è ch’pèga”? “I furlìvis”!
E’ Cumôn l’ha fat figura:
“Zitadén prönt la fatura”!
Vreglio Safi e’ fa e piantôn
int la lërga e’ Testimôn.
Se avlì andè in lòngh in lërgh
l’acugliénza l’è un albergh,
sóta al Lòzz a pirdì j’òcc
ôr… arzént… tót i zafòcc.
Al butegh al fa di scônt
agli è prônti a dè di pönt.
Marcuriël e’ spècca in piazza,
j’abrùnzè i pètna l’azza.
I pizzôn i gröla in rânda
drì la Posta u j’è dla bânda.
Buss e Siti al zirandëla
tót atorna a buganëla.
Lòn e venar a e’ marchè
compra e vènd förza ad tratè,
bancarèli tót *j’arzmént *Gli attrezzi
e i Cinìs j’è un regimént.
Cun la piazza dla Vitöria
ch’la s’arcörda pês e glöria
Monumént u j crèsc in vèta
int e’ trespul cmè la zvèta.
Int la piazza dagli Urtlén,
sèral, fnòcc e fasulén,
la cagnera de’ marchè:
Compra ciapa cmè rubè.
Int la piazza de’ fèr vècc
u j’è un ört cun di radècc
tra e’ cimént e’ sù parchègg
cun al machìn l’è un manègg.
E’ Museo l’é in fazza
armasè e’ spècca in piazza.
una mostra chl’è ‘d’ Canöva
la cultura la s’arrnöva.
Piazza Chèrman a pagamént
j’Ausilieri i fa i snamént
cun la sosta e la bulèta
bsógna vèndar la vachèta.
La piazèta cun l’Imbsura
l’ha la Tòra drèta a fura,
par Nadël al bancarèl
turôn chëld e caramèl.
Cvatar viel vers la staziôn
sémpar pìn tót al stasôn
la rotonda propi in fazza
che la ciapa mëzza piazza.
Longh e’ fiôn u j’è i zardén
zacul möti e di birén,
zènt cunej chi bat e’ tàch
pìn d’usèll ch’ i/t dà int e’ sàch.
Di sintìr cun la batuda
l’è e’ sìd piò grând dla Tnuda
u j’è avlù un carr d’ bajòch
par bandìl j’ha mèss i fiòch.
Prucissiôn ad zént curiosa
*cânt bandìri sénza crösa *Canti
i Capelô’ in pompa mâgna
urguglius dla sù Rumâgna.
Int la Pörta a S-ciavanì
cun la sosta i fa impazì
impiantëda sóta l’èrch
u j’è in sosta nénch dal bèrch.
Bëla Pörta ad Ravaldén
u/s và só vers j’Apenén
la strê lërga piò impurténta
l’era urgòj dla nostra zénta.
Vers a *Dvia alberëda * Predappio
platìn grènd sôra la strëda.
Int la Ròca u j’è al parsôn
cun la Sförza int e’ cantôn.
Se avnì só da vers Ravèna
Pört Sa’ Pìr la v’ dà cudèna;
E’ stradôn la circulëra
vers Bulogna la s’impëra.
“Oh Furlè… la mì Zité”
un gn’è pöst piò bël che te
t’sì piantè int la Rumâgna
fra pianura e la muntâgna,
èria bòna un post sulèr
dagli Azdôri “Macafèr”
Zént unèsta grând amìgh
par cuntrat a/t’ faz dó rìgh.
Attenzione è una fola
con Forlì che è in cariola
me la sento tutta addosso
più mollica e poco osso.
La citta più bella al mondo
quattro PPorte e muro in tondo
Quattro piazze coi piccioni
gli stranieri nei rioni.
La tettoia la banchina
dalla Posta è già vicina
un bel posto con tante spese:
“Per pagare”? “Il Forlivese”!
Il Comune guida e cura:
“Cittadini…! La fattura”.
Saffi Aurelio il monumento
testimonia quel momento.
Se andate in lungo in largo
l’accoglieza è un albergo
nel loggiato un bel vedere
oro argento da comprare.
Le vetrine con gli sconti
sono aperte e fanno i ponti.
Mercuriale spicca in piazza
gli abbronzati un altra razza.
I piccioni quei furfanti
fan la cacca sul davanti.
I Tranvai, i Bus, le Site,
fanno il cerchio per le gite.
Lunedì e venerdì
il mercato è sempre lì
bancarelle coi teloni
e i Cinesi son milioni.
La Vittoria ha la sua piazza
per la gloria beve in tazza.
L’obelisco il monumento
guarda in alto più contento.
L’ortolano ha la sua piazza
verde e frutta che strapazza
il rumore del mercato
sembra uno che ha rubato.
Nella piazza Ferro vecchio
pozzo e orto con il secchio,
fra il cemento c’è il parcheggio
batti e striscia è un maneggio.
Il museo retaruato olo in faccia
messo a nuovo la sua traccia.
MOSTRA DELLO SCULTORE MAGNIFICO CANOVA
la cultura si rinnova.
Piazza Carmine si paga
l’Ausiliario è già una piaga
multe a tutti i trasgressori
paga in brocca o son dolori.
La Piazzetta di Misura
con la Torre ben sicura
per Natale bancarelle
dei torroni e caramelle.
Quattro viali alla stazione
gran baccano e confusione
la rotonda grande in piazza
tanta gente che s’incazza.
I Giardini lungo al fiume
gli animali fan costume
coniglietti batti tacco
uccellini pronti al becco.
La battuta dei sentieri
è un podere dei misteri
è costato una fortuna
benedetto dalla luna.
Processione più pomposa
con bandiere senza posa
Cappelloni in pompa magna
Gli Orgogliosi di Romagna.
Nella Porta Schiavonia
giratondo e spazza via
impiantati di sotto l’arco
c’è il posteggio con l’imbarco.
Bella Porta Ravaldino
che si va all’Appennino
strada larga più importante
è l’orgoglio della gente.
Per Predappio alberata
Mussolini… Una figata!
Nella Rocca le prigioni
con la Sforza e i suoi Coglioni.
Arrivare da Ravenna
c’è San Pietro Porta penna.
Lo stradone circolare
per Bologna via andare.
“Oh Forlì la mia cittá
tu sei tutto. Oh mia beltà!
Sei in mezzo alla Romagna
tra pianura e la montagna.
Aria buona sei solare…
Reggitrici col pugno di ferro
gente onesta e generosa
per contratto sei mia sposa.
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A dila s-ceta
La furtòna dla v-ciàia
Siamo un paese di vecchi, scusate … di anziani, dato che il termine vecchio, è ormai obsoleto e non riveste più quell’aura di esperienza di esperienza e di saggezza connotava chi aveva raggiunto più o meno felicemente una certa età, anzi, recentemente ho visto appeso in una trattoria del ravennate uno di quei quadretti di sentenze che sintetizzano la “vox populi”, che recitava: “non è il porco che invecchia, ma il vecchio che diventa porco”, certo gli esempi, anche “altolocati” non mancano, però, che brutta fine ha fatto la parola vecchio …
Uno che invece alla sua vecchia dà lustro è Pier Flamigni, che la reputa una fortuna, come in questa sapida zirudella: “La furtòna dla v-ciàia” “Dvintè vècc lìè un bèl unôr / quant robi indrénta a e’ cör/ al stasôn agli è passëdi / tòt al robi cucvistëdi. // Arcurdén e’ témp luntén / l’è una solfa l’ è un casèn. / essr’ in pes cun la cusciènza / lavurè cum dla custânza // Paghè’ al tassi in prèvidénza: / La pinsiòn? A fasén sénza! / Paghè’ i debit de’ nost Stè ? / Arangièss … bsògna rubè ? // … Al radisi agli è in campâgna / int al tèri dla Rumâgna. / Da la vala ad Sân Savén / a Predappio e piò luntén. // Poca tëra mònt e grép / chi rindeva dal pugnèt./ E’ prugrèss l’era dsamén/ Pisunént e cuntadén / jì era tòt di mört ad fâm. // Tëra stila mò, us campeva / in miseria e us rideva / in campâgna un gn’ era e’ céss / l’ arivè cun e’ prugrèss. // Int al ca’ cum de’ rispèt / j’ ha e’ bagna tac a e’ lèt / cun la crisi e la miseria / ui vò poc a saltèr’ a pr’ èria. // … ( La fortuna della vecchia Diventar vecchi è un onore /quante robe dentro al cuore / le stagioni stagioni son passate / quante cose conquistate. // Ricordando il tempo lontano / è una lamentela fuori mano / essere in pace con la coscienza / lavorare con costanza // Pagare le tasse alla previdenza / della pensione facciamo senza ma … / pagare i debiti del nostro stato / Arrangiarsi … bisogna rubare ? // … Le radici sono in campagna / nelle terre di Romagna / dalla valle del Rabbi fuori mano /a Predappio e più lontano. // Terra incolta montagne e greppi / che non rendevan neanche dei ceppi / Il progresso era fuori mano / operai e contadini / erano tutti morti di fame // terra avara ma si campava / in miseria ma si rideva /In campagna non c’era il gabinetto / arrivato col progresso // Nelle case di rispetto / hanno il bagno vicino al letto / Con la crisi e la miseria / ci vuol poco a saltare in aria. // …)
Giovanni Zaccherini
zvanzac@tiscali.it
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