How do EU feel?
Capitolo 7 – Ivan
Nato parecchio a Sud dove di Europa ne percepiamo purtroppo molta poca, sin dalle scuole superiori mi resi conto che volevo guardare orizzonti che fossero diversi da quelli accecanti per il troppo sole e il suo riverbero sul mare. Fu proprio la scuola, non che l’abbia amata, eh, a farmi capire che c’era un mondo lì fuori, “nel continente” come viene spesso chiamato da noi, così sfaccettato e intrigante: ed era un mondo a portata di mano, grazie ad una cosa simpatica chiamata acquis di Schengen.
Non che all’epoca ne sapessi granché, lo ammetto, ma ero – e sono ancora oggi – affascinato dall’idea di fondo: la libera circolazione dei cittadini. Perché la libera circolazione dei cittadini, soprattutto per me che vengo da un’isola dove per forza di cose si è spesso costretti a circolare in maniera abbastanza limitata, porta con sé una lunga serie di altrettanto libere circolazioni: idee, lavori, umori, ironie, storie, amicizie, gusti, passioni, luci, impressioni e sfumature.
Deciso a non lasciarmi sfuggire niente di tutto ciò e confortato dal supporto di chi mi stava accanto, una volta finita la laurea triennale decisi di affrontare una prima esperienza verso questo mondo misterioso che era l’Europa: e fu così che arrivarono i miei otto mesi a Berlino. Freddo, birra, spazi talmente vasti da mettere paura, una città nata forte, strabiliante e unita dalle ceneri di quello che l’Europa era stata fino a qualche decennio fa: un luogo diviso, in balìa di forze e prepotenze che oggi riacquistano vigore anche se sotto forme leggermente diverse.
Fu poi la volta di un ritorno a casa, volente o nolente, che contribuì a farmi capire ancora di più quanto l’Europa mi avesse catturato e quindi fu lì che tornai, ad affrontare Parigi, stavolta non da solo. E di nuovo: un’altra lingua, altri sapori, altre luci, altre culture, altre impressioni. Altra gente attorno a me, altra Europa da afferrare e tentare di comprendere in un anno. Così poco tempo, in fondo!
Arrivò poi Bruxelles, inaspettata: il cuore dell’Europa unita. Mi tuffai in un’esperienza del tutto nuova, che mi fece vedere finalmente in maniera chiara quello che mi ha poi guidato in questi ultimi due anni. Perché fu poco dopo il mio arrivo che capii come questa Europa, che avevo sognato e calpestato, studiato e vissuto, la vedevo e la vedo ancora oggi come casa mia: e di questa casa ho deciso di prendermi cura. Da questa considerazione la mia scelta di proseguire i miei studi in questa direzione.
Quindi, per riallacciarmi al titolo di questo progetto: come mi sento io, in Europa? Mi sento fortunato, perché posso parlare più o meno quattro lingue al giorno, perché posso imparare ogni giorno qualcosa di nuovo. Mi sento orgoglioso, perché faccio parte di qualcosa di così diverso e variegato da non vederne mai la fine. Ma anzitutto mi sento responsabile. Questa casa è la casa di tutti noi, ed è per questo che va curata e migliorata, giorno dopo giorno, attraverso il lavoro di tutti.
Che si cominci dal basso, da un’isola lontana, non importa: l’importante è sapere che quello che stiamo costruendo – e non è affascinante sapersi parte di qualcosa così grande, non solo geograficamente parlando? – deve essere parte integrante del nostro futuro e del nostro sentirci sì italiani ma anche e soprattutto europei.
L’autore
Ivan, 28 anni, nato a Palermo. Vive da due anni a Bruxelles dove ha dato un’occhiata da vicino alle istituzioni Europee e ha frequentato un Master in Scienze Politiche.